Sul campo più verde, che ospita il torneo più prestigioso del golf mondiale, tutto è meraviglia. Ma qui i selfie sono vietati
13 aprile – 12:16 – AUGUSTA (USA)
In macchina si percorre Washington Road, un vialone di centri commerciali e catene di fast food, chiese dai culti strani e pubblicità di fiere delle mitragliatrici. A un certo punto si gira a destra e improvvisamente ci si ritrova nel 1990, o nel 1975, cambia poco. Entrare all’Augusta National è un viaggio nel tempo. È come essere a Disneyland, mancano solo Topolino e Paperino, ma ci sono Jack Nicklaus e Gary Player che sono anche meglio. Benvenuti al Masters, dove tutto è meraviglia. Per esempio, lo sapete che…
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Non si può correre
I Patrons – come qui chiamano gli spettatori – non possono correre. Al massimo camminare molto veloci come marciatori in trance agonistica. Il primo obiettivo è arrivare a mettere la propria seggiolina di metallo di fianco a un green. A quel punto si può anche andare in giro tranquillamente perché nessuno ti porterà più via il posto. Sullo schienale metti un cartellino con il tuo nome e il gioco è fatto. Tutti possono sedersi sulle sedie altrui, ma quando arriva il proprietario bisogna alzarsi.
Sono vietati i cellulari…
Non si possono portare i telefoni cellulari, bisogna lasciarli a casa o in macchina, non basta tenerli semplicemente spenti. E se qualcuno deve chiamare urgentemente? Nessun problema, lungo tutto il percorso ci sono decine di telefoni fissi, attaccati a pareti di legno come nei film americani degli anni Quaranta. Le chiamate sono gratuite.
…e anche le foto.
Dal lunedì al mercoledì, giorni di pratica, sono ammesse le macchine fotografiche, ma non si può trasmettere nulla. Da giovedì vietate anche quelle. Niente foto ricordo o selfie.
Meglio vestirsi bene.
Niente jeans, niente cappellini con la visiera girata sulla nuca. Ci sono regole di comportamento non scritte che è meglio seguire senza discutere. E se non si conoscono? Nel dubbio se una cosa si può fare o no è meglio non farla.
Il cibo non manca mai.
Quando viene fame o sete basta fermarsi a una Concessions, cioè al bar. Costa tutto pochissimo. Un sandwich al pimento cheese – parere personale: è quasi immangiabile, troppo piccante – viene un dollaro e mezzo. Un panino con il pollo tre dollari. Una birra sei. Prezzi che in un qualsiasi bar di Augusta andrebbero almeno triplicati.
Lo shopping è un rito.
C’è un negozio grande come Piazza Duomo a Milano. Si fa la fila, spesso lunghissima, con il serpentone umano che si arrotola avanti e indietro, ma quando finalmente si è dentro ci si può sbizzarrire con la fantasia. Volete uno gnomo che sembra un nano da giardino? 50 dollari. Un cappello? Da 35 a 99. Un ombrello? 45. Un paio di calze? 15. Più felpe, magliette, tazze, poster, mutande, guinzagli per il cane e ciotole per il gatto. E mille altri oggetti che si possono acquistare solo dentro il National, non esiste vendita online. Qui non accettano contanti, solo carte di credito. C’è gente che spende migliaia di dollari in pochi secondi. Il giro d’affari è segreto, ma si dice che si aggiri tra i 70 e gli 80 milioni di dollari in una settimana.
Si vive nell’ignoranza.
Al Masters odiano la modernità. I leaderboard sono compilati a mano, non si possono usare radioline, non ci sono grandi schermi che facciano vedere le immagini o diano informazioni. Uno spettatore in campo è tagliato fuori dal mondo, non sa nemmeno come sta andando il torneo. Ci sono tabelloni che riportano le primissime posizioni, tutto il resto del gruppo chissà che cosa sta facendo… L’unico leaderboard completo è di fianco al fairway della 1. Ma non si capisce niente perché non riporta mai i totali ma solo lo score di ogni buca. E bisogna mettersi lì a fare i conti.
Tutto è verde.
Che piova o tiri il vento non si troverà nemmeno una foglia fuori posto. Centinaia di addetti puliscono i prati e tolgono anche gli aghi dei pini. Cartacce per terra? Ma figuriamoci, qui svuotano i cestini ogni due minuti. E quando piove viene sparpagliata per terra una roba verdastra che puzza anche un po’. Ma l’immagine è salva.
Non ci sono brand.
Non c’è nessun logo oltre quello del Masters. Il produttore svizzero di orologi che sponsorizza il tutto? C’è ma non si vede. La casa automobilistica che mette i soldi? Invisibile. La birra? È di tre tipi, ma hanno nomi di fantasia, non marchi riconosciuti. Perché qui esiste solo il Masters. Senza tempo, infinito, eterno. Unico.