I due amici campioni ricordano le due sfide che avrebbero potuto cambiare la storia della Raffa mondiale”, scherzando su riti, aneddoti e racconti azzurri
Giuseppe Formato
24 novembre
– Milano
Mondiale Individuale della Raffa: 1988 a Lugano in Svizzera e 1993 a Montreal in Canada. Due edizioni iridate con un epilogo fotocopia, tutto colorato d’azzurro: Dante D’Alessandro contro Riccardo Odorico, fuori dal campo due amici che, ancora oggi, ricordano quella doppia finalissima mondiale. "Due sfide che avrebbero potuto cambiare la storia della Raffa mondiale", scherzano, ma nemmeno troppo, sia D’Alessandro che Odorico. "Non ho alcun rammarico perché giocare contro D’Alessandro in quegli anni era quasi impossibile", ammette Riccardo Odorico, che oggi, oltre a divertirsi ancora sui campi di bocce, ha il ruolo di vice-ct dell’Italbocce nello staff guidato da Giuseppe Pallucca. "Riccardo è stato un signore – il ricordo di Dante D’Alessandro – A Lugano dividevamo anche la camera. A fine incontro mi abbracciò, si complimentò e mi alzò il braccio in segno di vittoria. Fu una scena bellissima davanti al numerosissimo pubblico del palazzetto dello sport ticinese. Forse non avrei avuto il coraggio di farlo da solo. Vincere un Mondiale è qualcosa di straordinario, ma il rapporto di amicizia con Odorico non mi ha consentito un festeggiamento immediato".
LA FINALE SVIZZERA
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"L’atmosfera fu quella delle grandi sfide – ricorda D’Alessandro – Il palazzetto dello sport era pieno all’inverosimile e, per la prima volta, la tv di Stato svizzera trasmise l’evento in diretta. I campi erano a moduli montabili, difficili da gestire sia nell’accosto che nella bocciata. Nonostante tutto, io e Riccardo giocammo due grandi partite (la finale iridata era al meglio di due incontri ai 15 punti, ndr). Siamo stati protagonisti di giocate che, raramente, si vedono in incontri anche di alto livello. Ricordo alcune mie grandi bocciate e la sua incredibile precisione a punto. Prima della finale ci scambiammo, a vicenda, un semplice in bocca al lupo". "Meglio di come giocai non si poteva davvero fare – le parole di Riccardo Odorico – Giocare contro Dante in quel periodo era come andare a sbattere contro un muro. L’obiettivo di quel Mondiale era la finale tutta italiana e come delegazione raggiungemmo l’obiettivo. Negli anni abbiamo ricordato tante volte la finale mondiale di Lugano e rivisto anche un filmato di quel match. D’altronde, il rapporto di amicizia è stato sempre forte e con D’Alessandro abbiamo condiviso una quindicina di anni di nazionale e anche la stessa camera d’albergo durante le trasferte".
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LA FINALE OLTREOCEANO
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Se a Lugano, nonostante il grande match, Odorico si arrese in entrambi i set, a Montreal la finale iridata iniziò con il successo di Odorico nel primo incontro. "Dopo aver perso – racconta D’Alessandro – uscii fuori dal campo per cinque minuti e dissi tra me e me che se avessi perso anche il secondo set, nonostante le giocate sciorinate durante la prima partita, non avrei potuto aver nessun rammarico. Però, mi dissi anche che Riccardo avrebbe dovuto continuare su un ritmo spaventoso. Giocammo un secondo set davvero bello, molto combattuto, e riuscii a pareggiare i conti. A quel punto, Odorico mollò la presa e, così, vinsi in maniera agevole il terzo set. Possiamo dire di averlo sfinito dal punto di vista psicologico e fisico. In quegli anni, io vincevo, anche e soprattutto, per il grande carattere". "Andai vicino a vincere il Mondiale individuale – il ricordo di Odorico – Giocai davvero bene e la seconda partita fu tiratissima. Peccato, ma ripeto, vincere contro Dante era molto difficile. Lui era forte dal punto di vista psicologico, oltreché tecnico e tattico. Non ho niente da rimproverarmi nemmeno in Canada, perché persi ancora una volta con il più forte, l’unico atleta che in carriera può vantare ben quindici titoli iridati". D’Alessandro e Odorico, insieme, festeggiarono due titoli: nel 1991, sempre a Lugano, con Andrea Bagnoli e Pietro Zovadelli, vinsero il Mondiale a squadre; l’anno successivo, a Budapest, i due atleti-amici salirono sul gradino più alto d’Europa, insieme a Claudio Ricci e Cherubino Bertolatti, conducendo l’Italia nel trionfo dell’Europeo a squadre.
24 novembre – 12:26