È arrivato quinto al Mondiale dilettanti dopo il titolo a squadre vinto un anno fa: “Il mio segreto? La disciplina. Mi alleno cinque giorni e mezzo alla settimana, mi rimane poco tempo fuori dal golf”
Silvia Audisio
25 ottobre
– Milano
L’inarrêtable milanais! Lo definisce così, in un crescendo di entusiasmo, il commentatore della televisione francese nelle ultime fasi del Campionato del Mondo a squadre (Parigi 2022), dove Pietro Bovari mette in fila alcune giocate decisive per la vittoria della squadra italiana (con Filippo Celli e Marco Florioli), prima assoluta per il nostro golf. Lo avrà pensato anche il suo compagno di gioco, il nuovo mito svedese Ludvig Aberg passato dal college alla Ryder Cup in pochi mesi. Che Pietro tramortisce con un uno-due. Sul green della 14 centra la buca con un putt interminabile da trenta metri. Poi alla 18 la gara è ancora aperta, ma il colpo al green dell’italiano è un capolavoro. La bandiera corta vicina all’acqua consiglia prudenza, meglio giocare lungo, servirebbe un ferro 9 e invece lui sceglie il pitch: la palla si stampa prima dell’asta. Non sarà un birdie, ma il par (contro il bogey di Aberg) chiuderà il campionato con il team Italia un colpo davanti alla Svezia.
Riavvolgendo il nastro, Pietro cresce a pane e golf. Bastoni di plastica a un anno e mezzo, quelli veri a tre. Il padre Antonello è professionista e insegna al Golf Ambrosiano di Milano, dove Pietro costruisce il suo gioco. Non bisogna aspettare molto perché a dodici anni è già campione italiano Baby. Prima della maggiore età si conferma con altri due titoli nazionali e con gli internazionali in Croazia. Poi sceglie la strada del college negli Stati Uniti, studia alla Virginia University e per i Cavaliers gioca cento round in tre anni, con una media score di 71.87 e undici piazzamenti nei top ten, contribuendo a portare la squadra per la prima volta alle Finals NCAA. Intanto (2021) vince il Memorial Barras a Crans (Svizzera), torneo con dilettanti e professionisti, dove fa meglio anche di questi ultimi. Si guadagna così l’invito all’Omega European Masters, supera il taglio e mette a segno una buca-in-uno («un ferro 8 da 174 metri»). Nel 2022 si piazza settimo agli Europei individuali (leader dopo due giri), fa parte della squadra continentale al St. Andrews Trophy e di quella italiana (per la sesta volta) agli Europei. Il 2023 è l’anno della laurea in economia e del rientro a casa per pianificare il futuro da professionista. È appena tornato dal secondo Campionato del Mondo ad Abu Dhabi, con un quinto posto di squadra e individuale: il numero 77 al mondo si mette alle spalle il numero uno Christo Lamprecht (in testa all’ultimo Open Championship dopo un round) e finisce pari con il numero due Gordon Sargent (invitato al Masters 2023 e primo giocatore di college a passare direttamente sul tour).
Che cosa viene adesso?
“In settembre ho partecipato allo stage uno delle qualifiche per accedere al tour maggiore e sono passato allo step successivo, la settimana prossima in Spagna; l’importante è riuscire ad avere una categoria di gioco stabile, ma altre opzioni sono l’Alps Tour e quello asiatico, tutto da vedere”.
Quale voto merita l’esperienza al college e cosa rimane?
“Il voto è 11 su 10. Mi sono divertito, sono migliorato nelle relazioni sociali e umane; un ambiente dove non avevo paracaduti, nessun amico all’inizio, ho dovuto svegliarmi e ora parlo l’inglese come l’italiano. Per il golf è la situazione perfetta con strutture di pratica imbattibili grazie al denaro e allo spazio che hanno i college americani; si giocano campi molto belli con grande varietà di situazioni e poi c’è tanto talento nel field: una gara normale lì ha un livello pari a un campionato europeo, e così ogni settimana. Con il papà-coach a casa avevo un filo diretto a qualsiasi ora”.
Pregi e difetti del giocatore Bovari. E cosa serve per fare un salto di qualità.
“I ferri al green sono sempre stati il mio forte, ma negli Stati Uniti ho migliorato molto intorno al green: là affronti tante erbe diverse e green velocissimi che richiedono una tecnica di approccio più sofisticata. La ricerca costante è quella della disciplina, fondamentale nel golf, che significa anche avere pazienza in campo. Devo cercare di aggiungere un po’ d’incoscienza, essere più aggressivo, non fare solo il compitino a volte troppo preciso. Perfetto l’ultimo colpo a Parigi, tutto istinto e adrenalina, zero strategia”.
E dopo il golf?
“ Non rimane molto tempo, mi alleno cinque giorni e mezzo su sette. Cose semplici con gli amici il venerdì sera, una pizza e una partita a biliardo. La fidanzata è in America, si chiama Victoria e siamo insieme da quattro anni, tutto il college insieme e anche la laurea: ora lavora a New York ma presto verrà in Italia”.
25 ottobre – 17:51