manca da mesi
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Woods non gareggia da quando ha abbandonato il Genesis Invitational di febbraio durante il secondo giro a causa di un attacco di influenza. E quel torneo era il primo appuntamento dal ritiro di un anno fa al Masters, poco prima di farsi operare – per la millesima volta, chi tiene più il conto ormai – alla caviglia destra per un'artrite post traumatica. Però l’Augusta National è casa sua. La prima volta che si presentò al tee della 1 dopo aver percorso Magnolia Lane era il 1995. Aveva 19 anni ed era ancora dilettante. Passò il taglio, cosa che non fece l’anno dopo, sempre da amateur, e fu l’ultima volta in cui non è riuscito a qualificarsi per il weekend. Da allora una serie ininterrotta di 23 tagli passati – record eguagliato con Gary Player e Fred Couples – che se quest’anno diventassero 24 farebbero di lui l’unico nella storia con una simile striscia di soddisfazioni. È vero che il Masters racconta una storia lunga novant’anni ed è più grande di qualsiasi interprete, ma Tiger è diverso. Ne ha vinti cinque, battuto solo da Jack Nicklaus con sei. E se quest’anno riuscisse a entrare nel weekend, farebbe cifra tonda di round giocati: 100. La gente è lì per lui, per rivivere le emozioni del 1997 quando stabilì il record sul secondo con 12 colpi di vantaggio, per riassaporare il gusto del 2001 quando vincendo in Georgia stabilì il Tiger Slam, unico nella storia ad essere il campione in carica contemporaneamente in tutti e 4 i Majors dopo i successi nello Us Open, Pga e British Open nel 2000. Il pubblico si muove in massa per lui, lo va a cercare, lo segue, si può sapere quale buca sta giocando semplicemente ascoltando il rumore della gente. Tiger non è il Masters. Ma il Masters senza di lui non è la stessa cosa.