cattivo di successo
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Patrick Reed non è un nome banale nel golf mondiale. Lui vale i grandissimi della storia di questo sport, è diventato un simbolo Usa in Ryder Cup – ne ha giocate tre – tanto da essere soprannominato Capitan America, ha vinto il Masters di Augusta e altre otto gare sul Pga Tour, poi improvvisamente ha mollato tutto per passare – ricoperto da una tonnellata di milioni di dollari – sul circuito LIV finanziato dai soldi arabi. A creare il personaggio anche un lato oscuro che serve sempre per avere una vera storia da raccontare. Reed, che oggi ha 33 anni, arriva dal Texas ed è cresciuto in Georgia, nella sua vita ha interpretato alla perfezione il ruolo di cattivo, accusato più volte di aver mentito in campo e di non aver rispettato le regole – massima ignominia per un golfista – escluso all’università per le stesse accuse e perché i compagni si lamentavano di lui, si parlava addirittura di un furto negli spogliatoi, poco amato dai colleghi. Recentemente è arrivato a denunciare il Tour americano, un gruppo di giornalisti, qualche giocatore come Rory McIlroy che a suo dire si erano tutti alleati per congiurare contro di lui. Forse matto e complottista, forse bugiardo e ladro, però in campo è un fenomeno. E tutti non vedono l’ora di ammirarlo in campo a Cervia. Anche lui dice di essere impaziente: "È la prima volta che vengo in Italia e finora mi sto proprio divertendo. Bel campo, grande accoglienza". Poi non mancano – figuriamoci – un po’ di omaggi a noi: "Adoro la cultura, la gente e il cibo, i miei preferiti sono pasta e pizza". Pagato pegno alla banalità gastronomica, Reed si ferma un attimo anche a parlare della LIV e della frattura che ancora non si riesce a ricucire: "Io mi auguro che qualcosa venga fatto, l’ultima cosa che vuole la gente sono tre circuiti con i migliori giocatori divisi e che quindi si affrontano raramente. Noi che siamo sulla LIV non abbiamo nemmeno i punti della classifica mondiale e spesso non possiamo giocare i majors e questo non è giusto".